UNIONI CIVILI E CONVIVENZE DI FATTO

 

Riflessi su assistenza disabili, congedi, obblighi previdenziali e detrazioni

 

La Legge n. 76/2016 ha disciplinato le unioni civili tra persone dello stesso sesso e le convivenze di fatto, statuendo che le disposizioni che si riferiscono al matrimonio e quelle contenenti le parole “coniuge”, “coniugi” o termini equivalenti, ovunque ricorrono nelle leggi, negli atti aventi forza di legge, nei regolamenti nonché negli atti amministrativi e nei contratti collettivi, si applicano anche ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso.

 

La Corte Costituzionale con la sentenza 2136 del 5 luglio 2016, inoltre, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 33, c. 3 L. 104/1992 nella parte in cui non include il convivente in alternativa al coniuge, parente o affine di secondo grado, tra i soggetti legittimati a fruire dei permessi ivi previsti.

Successivamente lInps con la circolare n. 66/2017 ha fornito le prime istruzioni in merito all’incidenza delle nuove disposizioni normative sulla disciplina degli obblighi assicurativi presso la gestione dei lavoratori autonomi e artigiani e commercianti e le diverse implicazioni che interessano i conviventi di fatto. Lo status di co­niuge rileva, infatti, ai fini dell’individuazione dei soggetti che svolgono attività lavorativa in qualità di collaboratori del titolare d’impresa o, se l’impresa assume forma societaria, di uno dei titolari.

 

Unioni civili

L'art. 1, co. 20 della L. 76/2016 prevede l’estensione ad ognuna delle parti dell’unione civile tra persone dello stesso sesso di qualsiasi disposizione normativa, regolamentare o amministrativa, oltreché tutte le disposizioni del codice civile espressamente richiamate dalla legge n. 76/16, che contengano la parola “coniuge”.

Per quanto attiene al regime patrimoniale applica­bile alle unioni civili, sono applicabili, tra le altre, anche le disposizioni di cui alla sezione VI, del capo VI, del titolo VI, del libro I del Codice Civile.

 

Convivenze di fatto

Consistono in unioni stabili tra due persone maggio­renni, legate da vincoli affettivi di coppia e di reciproca assistenza morale e materiale, non vincolate da rapporti di parentela, affinità o adozione, da ma­trimonio o da un’unione civile.

L’estensione dei diritti, in questo caso, è molto più selettiva e circoscritta: la nuova normativa estende al convivente alcune tutele, espressamente indicate, riservate al coniuge o ai familiari, ad esempio in materia penitenziaria, sanitaria, abitativa, ma non introduce alcuna equiparazione di status, né estende al convivente, per quanto di interesse, gli stessi diritti / obblighi di copertura previdenziale previsti per il familiare coadiutore.

 

Permessi mensili in caso di disabilità

L’art. 33, co. 3 della L. 104/1992 prevede il diritto ad usufruire di 3 giorni di permesso mensili retribuiti, in favore di lavoratori dipendenti che prestino assistenza al coniuge, a parenti o ad affini entro il 2° grado, con possibilità di estensione fino al 3° grado, riconosciuti in situazione di disabilità grave ai sensi dell’art. 3, c. 3 L. 104/1992.

I permessi possono essere concessi anche in favore di un lavoratore dipendente, parte di un unione civile, che presti assistenza all’altra parte. Il convivente può fruire dei permessi per l’assistenza alla persona con disabilità grave, in alternativa al coniuge, parente o affine di 2° grado.

È bene ricordare che tra una parte dell’unione civile e i parenti dell’altro non si costituisce un rapporto di affinità, in quanto la legge sulle unioni civili non richiama espressamente l'art. 78 del codice civile ove dispone sull'affinità che nasce con il matrimonio dei coniugi, pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi, la parte di un’unione civile può usufruire dei permessi ex L. 104/1992 unicamente nel caso in cui presti assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza sia rivolta a un parente dell’unito, non essendo riconoscibile in questo caso rapporto di affinità.

 

Congedo straordinario in caso di disabilità

L’art. 42, c. 5 D. Lgs. 151/2001 stabilisce la concessione del congedo straordinario biennale in favore di soggetti con disabilità grave ai sensi dell’art. 3, co. 3della L. 104/1992, fissando un ordine di priorità dei soggetti aventi diritto al beneficio che, partendo dal coniuge, degrada fino ai parenti e affini di 3° grado. Il congedo può essere concesso anche in favore di un lavoratore dipendente, parte di un’unione civile, che presti assistenza all’altra parte.

Tra un parte dell’unione civile e i parenti dell’altra non si costituisce un rapporto di affinità, pertanto, a differenza di quanto avviene per i coniugi, la parte di un’unione civile può usufruire del congedo straordinario unicamente nel caso in cui presti assistenza all’altra parte dell’unione e non nel caso in cui l’assistenza sia rivolta a un parente dell’unito, in quanto , come detto in precedenza, non esiste in caso di unione civile il rapporto di "affinità" tra un parente dell'unione e i parenti dell'altra.

 

Gestione artigiani e commercianti

Nell’ambito della gestione previdenziale degli arti­giani, l’art. 2, c. 2, n. 1) la L. 463/1959 estende l’assicurazione previdenziale per gli artigiani ai “fa­miliari coadiuvanti”, indicando “il coniuge”.

L’art. 2, co. 1 della L. 613/1966 annovera tra i soggetti obbligati all’iscrizione alla ge­stione degli esercenti attività commer­ciali i “familiari coadiutori”, tra cui “il coniuge”.

L’equiparazione tra il coniuge e ognuna delle parti dell’unione civile comporta la necessità di estendere le tutele previdenziali in vigore per gli esercenti attività autonoma anche ai coadiuvanti uniti al titolare da un rapporto di unione civile, registrato ai sensi di legge e comprovato da una dichiarazione sostitutiva della dichiarazione di cui all’articolo 1, co. 9 della L. 76/2016 e all’articolo 7, D.P.C.M. 144/2016. In tale ambito rientra l’art. 230-bis del Codice Civile, che disciplina l’impresa familiare e i di­ritti ed obblighi dei relativi partecipanti.

Non sono invece attribuiti ai conviventi di fatto i medesimi diritti di cui godono i fami­liari individuati dall’art. 230-bis. Il nuovo art. 230-ter del Codice Civile attribuisce al convivente “che presti stabilmente la propria opera all’interno dell’impresa dell’altro convivente” il diritto di parte­cipazione agli utili dell’impresa familiare ed ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’a­zienda, anche in ordine all’avviamento, commisurata al lavoro prestato, a meno che non sussista già tra le parti un rapporto di subordinazione o di società.

La tutela è pertanto estesa anche agli uniti civilmente, ma non ai conviventi di fatto.

 

Detrazioni per spese di recupero sul patrimonio edilizio

Con la risoluzione n. 64/E del 28 luglio 2016 lAgenzia delle Entrate ha affermato come sia possibile fruire della detrazione per le spese di recupero del patrimonio edilizio sostenute dal convivente di fatto, ancorché non possessore o non detentore dellimmobile sul quale vengono effettuati i lavori, alla stregua di quanto previsto per i familiari conviventi.

Lorientamento espresso con tale risoluzione trova applicazione per le spese sostenute a partire dal 1° gennaio 2016.

 

 

02/05/2017

 

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